La vita in città è afflitta da un problema che conosciamo molto bene: il parcheggio. Vaghiamo per decine di minuti alla ricerca di un posto libero per lasciare l’auto. Giriamo in tondo in attesa che qualcuno si decida a salire sulla propria vettura lasciandoci quel posto tanto agognato. Non sempre però questo nostro desiderio si avvera e, quando la speranza sembra ormai perduta, un’idea comincia a insinuarsi nella nostra mente:
“E se lasciassi la macchina nel posto riservato alle persone con disabilità?”.
Sembra un gesto da poco, non pensiamo di fare un torto a qualcuno. “Tanto tra 10 minuti vado via, non fanno neanche in tempo a farmi una multa”.
Molti non si rendono conto dei disagi che possono così provocare. Ad altri, invece, non interessa affatto.
Questo comportamento così superficiale pare sia molto in voga in Russia, dove nel 2015 l’organizzazione non-profit Dislife ha pensato a un modo molto particolare per disincentivare tali atteggiamenti. In collaborazione con l’agenzia pubblicitaria Y&R Moscow, ha lanciato il progetto “More than a sign”.
Nel parcheggio sotterraneo di un centro commerciale di Mosca, avevano installato, nello spazio riservato alle persone con disabilità, una telecamera in grado di rilevare la presenza del relativo contrassegno. Nel caso in cui qualcuno privo di tale segno di riconoscimento avesse provato a parcheggiare la macchina in quello spazio, si sarebbe trovato davanti l’ologramma di un uomo su una sedia a rotelle intento a spiegare che l’autista non poteva parcheggiare lì e il simbolo che glielo vietava era proprio davanti a lui.

Di fronte a questa scena, gli automobilisti decidevano di lasciare la macchina in un altro luogo, anche se ciò equivaleva a passare altro tempo alla ricerca di un posto auto.
Si tratta di una strategia di Ambient Marketing, che consiste nel collocare i propri annunci in luoghi pubblici e insoliti, laddove non ti aspetti di essere raggiunto da messaggi pubblicitari, facendo così leva sull’effetto sorpresa.
Quello di Dislife ne è un esempio ben riuscito. Il messaggio divulgato è stato in grado (seppure solo nel momento della sua attuazione) di cambiare il comportamento degli automobilisti che avevano fretta di trovare un parcheggio. Trovarsi di fronte una persona in carne ed ossa, o semplicemente un ologramma di questa, ha inciso molto più di un anonimo simbolo su un cartello. L’empatia entra in gioco, ci fa sentire più vicini a persone con esigenze diverse dalle nostre permettendoci così di adottare comportamenti più corretti e rispettosi verso gli altri.

La prossima volta che ci viene in mente di parcheggiare in un posto riservato a qualcun altro non ignoriamo il cartello che sta di fronte a noi. Ricordiamo invece la frase chiave pronunciata dall’uomo dell’ologramma: “Non far finta che io non esista”.